Roccagloriosa (SA)

Il territorio di Roccagloriosa si trova al centro di una regione che abbraccia le valli del Mingardo e del Bussento e si affaccia sul Golfo di Policastro.


L’area archeologica di Roccagloriosa nel contesto della Regione Mingardo/Bussento.



Dopo una serie di prime segnalazioni e sopralluoghi da parte di studiosi ed eruditi, nel 1971 l’archeologo Mario Napoli avviò, attraverso alcuni saggi, la prima vera esplorazione archeologica dell’area. In quella occasione furono intercettati e messi in luce alcuni tratti della cinta muraria, esternamente alla quale si intraprese anche lo scavo di un’area abitativa. Questi primi risultati, unitamente ad alcuni dati topografici, fornirono la certezza della presenza di un antico insediamento antropico di notevole rilevanza.

Partendo da queste prime evidenze fu avviata a partire dal 1976, nell’area individuata, una campagna di scavi sistematici e ricognizioni topografiche ad opera della Soprintendenza Archeologica di Salerno che ebbe come obiettivo fondamentale lo studio approfondito della cinta fortificata ed una più precisa determinazoione della cronologia e della consistenza dei nuclei abitativi sia all'esterno che all'interno del muro di fortificazione.

Fu scoperta, inoltre, un'area di necropoli monumentale in località La Scala, di cui la fascia superiore è stata esplorata a tappeto nella campagna del 1978, documentandone la pianta e la varietà dei tipi di sepolture.

A tale ricerca fu affiancata anche l'esplorazione sistematica del territorio circostante attraverso una prospezione di superficie con lo scopo di ricostruire il paesaggio agrario dell'area circostante il sito agglomerato.

All’inizio degli anni Ottanta, le operazioni di scavo furono concentrate sul cosiddetto pianoro centrale, dove i primi saggi di scavo effettuati segnalarono l'esistenza di un nucleo abitativo includente edifici di notevole consistenza ed in ottimo stato di conservazione.


Il pianoro centralePianta area abitativa


I risultati delle indagini archeologiche, con l’analisi dei dati ceramici e delle articolazioni strutturali, confermarono l’esistenza, nel territorio di Roccagloriosa, di un esteso agglomerato, oggetto di frequentazione da parte dell’uomo sin dalle epoche più remote, ma con uno sviluppo significativo in epoca lucana, a partire dal IV secolo a.C., epoca in cui lungo le pendici del monte Capitenali, sul cosiddetto pianoro centrale, fu impiantato l’abitato, protetto da una cinta muraria lunga oltre un chilometro, all’esterno della quale si estendeva lo spazio della necropoli.


Ricostruzione del Complesso A

Tra le abitazioni messe in luce, durante gli scavi, sul pianoro centrale una in particolare si distingue per dimensioni e per l’utilizzo degli spazi interni.

Nota come complesso A, questa abitazione, estesa per una superficie di oltre 500 metri quadrati, era organizzata attorno ad una corte centrale pavimentata con basoli e circondata da portici su almeno tre lati.

Il complesso A di Roccagloriosa era sicuramente una dimora monumentale appartenente a un esponente delle aristocrazie locali, che rivestivano un ruolo di primo piano anche nello svolgimento delle cerimonie religiose.

In uno degli angoli del cortile è stato rinvenuto un tempietto in pietra con tetto di tegole ed un piccolo altare antistante.

Ritrovamento della stipe votiva Statuine votive


Qui, sotto il crollo del tetto, sono state rinvenute diverse statuine in terracotta raffiguranti una divinità femminile insieme a numerosi altri ex voto, soprattutto vasi di piccole dimensioni, e ai resti di sacrifici animali. La dea raffigurata presenta caratteristiche differenti: è seduta in trono e indossa una lunga veste, ha il capo velato o reca in testa un copricapo detto pòlos, con le mani regge un cesto di frutta o un piatto oppure altri attributi collegati alla fertilità.

Trattandosi, spiccatamente, di una divinità femminile, quest’ultima sembra includere due componenti: una più giovane (sulla panchina, senza attributi né gioielli e con il velo sulla testa) ed una seconda componente rappresentata dalle statuette con polos,patera e cesto di frutta, cioè la ricchezza della terra già fertile e produttiva.

Statuette di questo tipo sono note da Paestum, dove la divinità raffigurata è stata identificata con Hera, sposa di Zeus e regina di tutti gli dei mentre i vasetti votivi sembrano non dissimili dal culto locrese di Demetra e Persephone, come ad esempio kalathoi, louteria e specchi.

I resti sacrificali rinvenuti sono costituiti esclusivamente da caprovini immolati in età non adulta. Questa tipologia di offerte sacrificali potrebbe riferirsi al culto della dea Mefitis, i cui stessi attributi troviamo attestati anche a Rossano di Vaglio nonché in altri importanti santuari noti nel territorio lucano; una Mefitis Caprina che, appunto, include aspetti di fertilità della terra e delle greggi.

Necropoli

La necropoli di Roccagloriosa, ubicata all’esterno del circuito murario, nell’attuale località La Scala, ha restituito numerose tombe di età lucana tra cui alcune si distinguono per il carattere monumentale e la ricchezza dei corredi.

Particolarmente significative sono le tombe a camera 19 e 24, rinvenute nel settore più settentrionale della necropoli all'interno dello stesso recinto, cosa che ha fatto ipotizzare che I proprietari delle due sepolture appartenessero allo stesso nucleo familiare.


Pianta della necropoli


La Tomba 19, databile al 330 a.C. circa, apparteneva a un personaggio maschile di età adulta.Tra gli oggetti che componevano il suo corredo è stato rinvenuto un cratere, il vaso in cui nel banchetto si mescolava il vino con l'acqua, alto oltre un metro, su cui è raffigurato un uomo armato di lancia, accanto a un cavallo all’interno di un tempietto, elementi che rimandano alla figura del cavaliere, la cui importanza nel mondo militare di tradizione lucana è ben nota dalle fonti letterarie antiche. L’appartenenza del defunto a una famiglia aristocratica è, inoltre, testimoniata anche da altri due vasi del corredo: una oinochoe, contenitore per versare il vino simile alla brocca, su cui sono raffigurate le vicende della dinastia reale della città greca di Tebe legate a Laio e Pelope e l’episodio del Giudizio di Paride, e una loutrophoforos, recipiente per l’acqua nelle cerimonie nuziali, su cui è narrato il matrimonio tra l’eroe greco Eracle ed Hebe, dea della giovinezza e coppiera degli dei, alla presenza di Zeus, padre della sposa e signore di tutti gli dei. Dalle scene dipinte su questi vasi è chiara la volontà di sottolineare la nobiltà e l’autorevolezza della stirpe del defunto.


    Loutrophoros Roccagloriosa               Roccagloriosa - Loutrophoros Tomba 19  



La Tomba 24, la più grande delle tombe a camera di Roccagloriosa, apparteneva a una donna che, al momento della morte avvenuta intorno alla metà del IV secolo a.C., doveva avere un’età superiore ai 40 anni. L’eccezionale ricchezza del corredo rivela che la defunta rivestiva un ruolo eminente nella comunità di Roccagloriosa: nella tomba erano stati, infatti, deposti oltre trenta vasi, in gran parte destinati a contenere gioielli e oli profumati. Ai piedi della defunta, adagiata su un letto funebre in pietra, era stata collocata anche una coppa di bronzo per le offerte rituali con un coltello di ferro all’interno, prova della partecipazione della donna a riti religiosi. Tra i vasi ritrovati nella tomba, degna di nota è un’anfora a figure rosse con la raffigurazione del mito di Niobe, regina della città di Tebe, appartenente alla stessa dinastia reale cui fa riferimento la scena dipinta sull’oinochoe della tomba 19. Niobe, madre di sette figli e sette figlie, osò prendersi gioco di Latona che aveva avuto da Zeus solo due figli, i gemelli Apollo e Artemide. Questi ultimi, per vendicare l’oltraggio subito dalla propria madre, uccisero allora tutti i figli della regina tebana. Dopo la loro morte, Niobe riuscì ad ottenere da Zeus di essere trasformata in una roccia da cui sgorgasse una sorgente d’acqua, traccia eterna delle sue lacrime.

Solitamente questo mito viene raffigurato nel momento in cui si compie la strage ma eccezionalmente sul vaso di Roccagloriosa il pittore si sofferma sul dolore di Niobe e descrive il processo di pietrificazione che si sta compiendo: al centro della scena è rappresentata la donna con il braccio sollevato in un gesto di disperazione e con la parte inferiore del corpo dipinta in bianco perché già pietrificata.

La monumentalità delle tombe 19 e 24, gli eccezionali oggetti di corredo, la selezione mirata degli episodi mitologici dipinti sui vasi indicano la chiara intenzione di enfatizzare le origini nobili dei defunti e di sottolineare, nel caso della tomba 24, il ruolo di primo piano svolto dalla donna nella comunità di Roccagloriosa e, nel caso della tomba 19, l’appartenenza dell’uomo al ceto aristocratico dei cavalieri, rappresentandolo come un eroe dopo la morte.

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