Il Parco Archeologico
La complessa vicenda insediativa di Volcei è oggi ripercorribile grazie alla costituzione del Parco Archeologico Urbano avvenuta nel 2003 con l'intento di collegare e di rendere fruibili, in un itinerario di visita, le emergenze monumentali antiche di maggiore rilievo inserite, in gran parte, nel tessuto dell'attuale centro storico. Infatti, le costruzioni medievali e recenti inglobano le strutture antiche, facendo di Buccino un interessantissimo esempio di archeologia urbana. I principali luoghi di interesse archeologico che è possibile vedere, con percorsi liberi, durante la visita al Parco, sono i seguenti:
Il circuito murario
Le mura, costruite nel IV secolo a.C., si sviluppano lungo un perimetro che ricalca e asseconda la morfologia della collina, seguendone le ripidità sul versante settentrionale e adattandosi alla presenza di speroni e coste rocciose sulle pendici Ovest e Sud.
Nel suo aspetto completo, corredato del sistema di torri e porte a cortile interno, l’impianto difensivo delle mura fu probabilmente costruito tra i decenni conclusivi del IV e l’inizio del III secolo a.C. Modifiche e restauri furono però già effettuati verso la metà del III secolo a.C., quando furono apposti alla cinta nuovi blocchi squadrati, per contrastare possibili frane e l’instabilità del terreno in pendenza.
La città conta attualmente tre porte principali, tutte di epoca medioevale ma sovrapposte alle antiche porte romane: Porta Consina, Porta San Mauro e Porta Sant' Elia.
Porta Consina, così denominata per essere rivolta verso Conza, Compsa, città importante in età romana e altomedievale, si trova in posizione occidentale rispetto al centro storico.
L'attuale strada che oggi unisce Porta Consina a Porta San Mauro è di impianto medioevale ma ricalca quasi perfettamente il percorso del decumano massimo, la strada che correva longitudinalmente lungo il dorso della collina e fin dall'epoca ellenistica ha costituito l'asse portante dell'urbanistica della città.
Porta San Mauro meglio nota come Arco del Barone, prende il nome dal suo volgersi verso la città omonima e serviva da raccordo con una via extraurbana in cui gli insediamenti antichi risalgono, nella loro maggiore concentrazione, al IV secolo a.C.
Porta Sant' Elia si trova a sud dell’abitato e costituisce il termine estremo di via Sant' Elia.
L’area archeologica in località Santo Stefano
L' area archeologica Santo Stefano si distende lungo le pendici nord-est dell’altura occupata dal centro storico di Buccino ed è distribuita su tre terrazze - superiore, mediana e inferiore - definite da massicce strutture di contenimento.
La terrazza superiore è parzialmente occupata da una estesa necropoli utilizzata dalla fine dell'VIII fino al IV sec. a.C., che ha restituito un gran numero di reperti importanti per la piu' antica storia di Volcei.
Nel pieno IV secolo a.C., alle tombe della necropoli della terrazza superiore si sovrappone un complesso monumentale costruito intorno ad una corte pavimentata nella quale era inserito un pozzo ricavato nel banco d' argilla. Due ali delimitano questo spazio centrale, ad ovest ed a sud. Fra queste due ali fu inserita una sala quadrangolare destinata al rituale del banchetto, come sembra dimostrare il ritrovamento d'abbondante ceramica da mensa, che indica il consumo di pasti comuni.
L'ambiente presenta un pavimento a mosaico in tessere bianche con inserti figurativi in lavapesta e cocciopesto, il più antico esempio di mosaico a tessere dell'Italia peninsulare. Il motivo decorativo è costituito da una stella centrale a sei punte con ai lati quattro delfini saltanti, ed è circondato da una cornice con onde correnti e da una seconda fascia continua a meandri. Attorno al mosaico corre una larga fascia di cocciopesto lungo la quale erano posizionati i letti tricliniari.
Sulla stessa terrazza è da segnalare anche la presenza, di una importante tomba a camera, la cosiddetta Tomba delle lastre dipinte, contenente una deposizione maschile che ha restituito, tra gli oggetti di corredo, reperti di grande pregio tra cui una lekythos firmata dal pittore vascolare pestano Assteas.
La terrazza mediana dell’area sacra è delimitata sul lato meridionale da un muro a blocchi irregolari che corre parallelo ad una struttura delimitante il terrazzamento, e dispone di un passaggio che immette nella terrazza inferiore. La superficie del suolo è ricoperta da scagliette di pietra, frammenti di ceramica, spezzoni di tegole e resti di contenitori.
L’accesso alla terrazza superiore è contrassegnato da un cippo in pietra calcarea.
Accanto al muro di terrazzamento sono stati individuati dei recinti quadrangolari, all’interno di uno dei quali si trova una struttura sotterranea di forma rettangolare con rivestimento in laterizi, adibita probabilmente ad uso sacrificale. La copertura a doppio spiovente in tegole copre un canale che si addentra nel terreno argilloso suggerendo riti ctoni.
La terrazza inferiore presenta, come traccia più antica, un recinto sostenuto da un terrazzamento e chiuso da muri in blocchi irregolari di pietra.
La pavimentazione in lastre e la fossa adiacente al muro nord sono protette da una copertura a portico impostata su pali lignei. La fossa presenta un piano in pietre che probabilmente fungeva da altare, sul quale si è ritrovata una melagrana fossilizzata. Appartiene a questo portico una antefissa a forma di gorgone di età tardo arcaica ritrovata insieme ad alcune tegole.
Fra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. fu costruita a poca distanza dal recinto una tomba a camera con deposizione femminile detta Tomba degli Ori per la ricchezza del suo corredo.
Quando un evento naturale distrusse sia la tomba sia il recinto, fu costruita in loco una piazza lastricata delimitata su tre lati da muri, sul cui piano basolato furono disposti due pozzi. Uno stretto podio in argilla isolava il piazzale da una vasca, dove si raccoglieva l’acqua da un canale proveniente dalla terrazza superiore.
Una melagrana carbonizzata rinvenuta all’interno del recinto fa supporre che l’are fosse dedicata ad una divinità infera cui probabilmente era consacrato anche il corso d’acqua oggi emergente sotto le lastre dell’altare, falda che riempiva anche i pozzi del basolato. Probabilmente si tratta della dea Mefite, divinità italica legata alle acque, definita come “colei che sta nel mezzo” ossia entità mediatrice tra il cielo, la terra e il mondo sotterraneo.
Estesi crolli e strati di distruzione segnano, negli ultimi decenni del III sec. a.C., la fine dei complessi sulle terrazze. Sul pianoro superiore, ambienti di una fattoria si sovrapposero riutilizzando le strutture del santuario, mentre l’ampia area basolata della terrazza inferiore fu progressivamente ricoperta da livelli alluvionali.
Il foro e le terme
A sud del decumano massimo, ricalcato quasi fedelmente dall’attuale via Roma, si è individuato un isolato databile probabilmente alla metà del I secolo a.C. con strutture murarie che si affacciano su di una strada di grandi basoli.
Questo impianto stradale era servito da una rete fognaria in opera incerta che raccoglieva l’acqua piovana.
L'isolato è identificabile con certezza come un'area pubblica del Municipium romano.Tra la fine del I e l’inizio del II sec. d.C. quest'area fu interessata da una fase di ristrutturazione con la costruzione di un imponente edificio che si innesta nell’impianto precedente modificandolo radicalmente.
L’edificio era articolato in tre nevate con ampia aula centrale absidata. La navata posta a nord era raccordata a quella centrale da una piccola abside e pavimentata con un mosaico geometrico in bianco e nero. Della navata sud restano solo tracce della soglia con i buchi dei cardini. Successivamente, forse intorno alla fine del III inizi del IV sec. d.C., l’abside viene ristrutturata e trasformata in un’esedra rettangolare con pareti e pavimento rivestiti con lastre marmoree. L’aula centrale viene pavimentata con un bel mosaico policromo figurato.
La parte conservata di tale pavimentazione presenta una figura di Eracle, identificabile per la leontè - la pelle di leone ricordo della vittoria contro il Leone nemeo, prima delle sue leggendarie dodici fatiche - che pende dalla spalla destra e la clava alzata nella mano sinistra, stante, leggermente inclinato a sinistra, su un prato fiorito. Tra il VI e il VII sec. d. C. si pone l’ultima fase di ristrutturazione dell’edificio, l’abside viene chiusa da un muro costruito con elementi di reimpiego ed il pavimento a mosaico venne integrato con un grossolano cocciopesto. Questo intervento segna il passaggio dell’edificio a diverse funzioni e la nascita dell’impianto architettonico ancora in uso.
Non sono chiare le funzioni dell’edificio, sicuramente pubblico, ma confronti con edifici simili rende verosimile l’ipotesi che si tratti della Curia, ovvero la sede del Senato locale.
L’insula
Al di sotto dell’area corrispondente all’attuale Piazza Amendola, gli scavi hanno riportato alla luce parte di un isolato antico che si affacciava sul decumano massimo. Sul versante meridionale si apriva un’insula romana, un complesso abitativo a più piani che fu ristrutturato in età tardo-romana e restò in uso fino alla metà del V secolo d.C.
Del complesso sono stati scavati tre ambienti rettangolari, che avevano probabilmente funzione di botteghe aperte sulla strada, spesso con funzione di osteria.
Il c.d. Caesareum: il tempio a podio di via S. Spirito
Attorno alla metà del I sec. a.C., risale un tempio a podio di piccole dimensioni, rinvenuto in via S. Spirito e inglobato nella struttura di un’abitazione moderna. Questo edificio è stato attribuito al culto dei Cesari, da cui il nome di Caesareum, sulla base dell’interpretazione di alcuni lavori di rinforzo del terrazzamento, mediante la costruzione di una galleria a volta, che sembrerebbero corrispondere ai lavori di restauro del Caesareum di cui si parla in un’iscrizione, databile al II sec. d.C., riportata su un architrave ora conservato nel chiostro del convento degli Eremitani di S.Agostino.
L'insediamento rupestre di via Egito
Nel corso del VI-VII sec. d.C., un antico terrazzamento di tre livelli lungo via Egito, fu trasformato in un insediamento rupestre, con grotte progressivamente scavate nel banco roccioso e sistemate con fodere murarie in opera incerta. Queste grotte divennero prima abitazioni con annesse stalle e successivamente cantine, che rimasero in uso fino al sisma del 1980.
Sulla base dei confronti con insediamenti simili in altre regioni di Italia, si ipotizza che in queste grotte trovassero ricovero eremiti orientali/bizantini.
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