- 2021
SAN MAURO CILENTO (SA) Il Carnevale Arcaico "À MÀSCHKARATA"
Ogni anno si svolge nelle vie di San Mauro in Cilento il tradizionale carnevale.
L’Azione scenica : Carnevale parte in processione già morto steso su di un asse o di una scala, portata a spalla da 4 maschere vestite di nero e tuba in testa dello stesso colore. In San Mauro portare a spalle un morto è segno di grande riguardo. Normalmente i defunti si trasportano con le maniglie della bara. Mentre si dà al Carnevale tale alto onore, nel contempo, al passaggio tutti ridono e fanno baldoria. Per rendere più sgradevole la figura del defunto, gli si mettono tra le labbra spicchi d'aglio o fagioli bianchi, a mo' di denti sporgenti.
Azione scenica finale : La personificazione del Carnevale termina in Piazza Roma in Casal Sottano dove viene sostituito da un pupazzo imbottito di paglia a cui si dà fuoco, tra urla di gioia, schiamazzi e girotondi intorno alle fiamme che ne purificano la consumazione.
Costume : La figura più significativa del Martedì grasso è quella di "Quaresima", interpretata da un uomo vestito da donna con una lunga gonna nera che scende dalla vita fino ai piedi, un corpetto nero molto stretto con maniche lunghe ed un tradizionale fazzoletto nero sul capo. Sul fondoschiena porta appesa un'arancia, o una patata, con sette penne di gallina conficcate, segno delle sette Domeniche che decorrono dalla prima di Quaresima alla Pasqua. Gli antropologi affermano che, sia l'agrume e sia il tubero rappresentano il sesso femminile, mentre le penne ricordano l'astinenza dai rapporti carnali del periodo quaresima. Nella mano sinistra stringe una conocchia piena di stoppa e nella mano destra un fuso per filare. Quaresima segue il feretro con carnevale e a ogni sosta si siede sulla bara, che viene poggiata per terra, fila e piange dicendo:
“Cannuluoaro mio pecchè si muorto,/ pane e bino nun te mancava,/la nzalata la tenivi a l'uorto,/ cannuluoaro mio pecchè si muorto”. Al di là delle lacrime da coccodrillo, il rapporto tra i due non è mai stato idilliaco se, da un angolo della piazza, una voce fuoriscena intona il controcanto:
“Quarajesema cuossistorta/ ia cuglienno menesta ppe l’orte/ re scuntao Carneluvaro/ e re ruppette n’uosso ccu nu palo!”
Quaresima segue il feretro di Carnevale, suo marito, morto, com'ella diceva, di crapula per avere mangiato troppo sino all'ultimo momento della sua vita e non era ancora sazio. Nella sua disperazione, Quaresima ricorda la vita laida vissuta col marito, le sue gozzoviglie e, quando più c'è folla, tanto più aumenta la mimica e lo sconcio gesticolare di donna senza pudore, strappando risate e urla di approvazione dei presenti: contrazioni del dorso, dondolii col corpo, le mani nei capelli, morsi alle mani, continuo malizioso aggiustarsi del seno, movimenti ai limiti dell'oscenità. Il ballo di Quaresima è un continuo invito agli spettatori a lanciarsi in un folle divertimento. Testo tratto dal lavoro di ricerca svolto da Vincenzo Farro nell’ambito del Progetto formativo presso il settore demoetnoantropologico e beni immateriali della Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino, responsabile dott.ssa Rosa Maria Vitola.