Buccino (SA) - Parco archeologico-urbano dell'antica Volcei
Introduzione
Il Parco archeologico dell’antica Volcei è situato nell'attuale centro storico di Buccino (SA), caratteristico comune della Valle del Sele ubicato su una collina di forma allungata, tra i fiumi Tanagro e Platano.
Le favorevoli condizioni del territorio, determinate dalla ricchezza delle acque, dal clima favorevole in tutte le stagioni dell’anno e, infine, dalla ricca varietà vegetativa hanno favorito, sin dal terzo millennio a.C., una diffusa presenza antropica.
Inquadramento storico
Testimonianze del popolamento preistorico di Buccino si intensificano, in maniera particolare, verso l’inizio dell’Età del Rame, il cosiddetto eneolitico. Rinvenimento importante relativo a questo periodo è quello, avvenuto alla fine degli anni Sessanta, di una necropoli in località S. Antonio, in corrispondenza di un grande promontorio.
La struttura delle tombe - una cella sepolcrale accessibile tramite un pozzo pressochè circolare, tutto scavato nel calcare locale - nonché il rituale funerario, con il defunto inumato accompagnato da vasi e, nel caso di sepolture maschili, da armi, ci riconducono alla cosiddetta Cultura del Gaudo così definita per via del luogo del primo rinvenimento nel territorio di Paestum ma poi diffusasi in gran parte della Campania e nelle regioni limitrofe.
Altro sito preistorico, relativo all’Età del Bronzo, è quello in località Tufariello, tra l’altro uno dei più importanti e meglio conosciuti dell’Italia centro meridionale. Lo scavo dell’abitato ha restituito uno spaccato originale sulla vita delle comunità locali di quella fase.
L’area è occupata, in una fase iniziale, da un villaggio formato da capanne quadrangolari o rettangolari e racchiuso da un muro di cinta. La sussistenza degli abitanti del villaggio di Tufariello si basa, sostanzialmente, sull’agricoltura e sull’allevamento.
Nel corso del Protoappenninico, per cause ignote, il villaggio viene abbandonato. Al suo posto, sorge un’area per le attività artigianali, molto probabilmente destinata alla produzione della ceramica.
Nel corso del successivo Appenninico, questa attività produttiva cessa di esistere e l’area è occupata solo da sporadiche abitazioni. Mancano altre tracce di occupazione del sito di Tufariello sino all’età romana.
L'occupazione insediativa dell’altura su cui insiste il centro storico di Buccino si intensifica a partire della seconda metà del VII- inizio VI sec. a.C. fino alla seconda metà del IV sec. a.C.
I gruppi di sepolture lungo l’altura si pongono in relazione diretta alla presenza di più nuclei abitati.
Nei decenni finali del IV sec. a.C. la sommità della collina è interessata da un evidente e generalizzato processo di riorganizzazione insediativa che va ad obliterare i piccoli nuclei abitati e le relative aree sepolcrali.
L’evento che segna la nascita di una organizzazione più strutturata e di un vero impianto urbano è la realizzazione, lungo i fianchi della collina, di una cinta muraria in blocchi squadrati, rinforzata da torri.
Insieme alle mura è definita la rete viaria, nel suo orientamento basilare est-ovest, un tracciato tutt’ora determinante per l’impianto urbanistico locale, sia all’interno che all’esterno dell’abitato.
Allo stesso arco di tempo, si colloca anche la costruzione di un edificio a pianta quadrangolare, allineato sull’asse principale, con funzioni probabilmente assembleari, il cd. Bouleuterion, da boulè, l’assemblea delle poleis greche a cominciare dalla vicina Poeseidonia/Paestum. Allo stesso periodo può essere anche ricondotta la realizzazione di ambienti di servizio, funzionali all’impianto difensivo lungo il versante nord-occidentale dell’altura e di strutture di terrazzamento in vari settori del centro storico.
Risulta, così, documentata la capillare attività di organizzazione e strutturazione degli spazi sulla collina che trova un riscontro significativo nel processo di monumentalizzazione ed aggregazione delle strutture nell’area sacra in località Santo Stefano.
Lo storico romano di età augustea Tito Livio, nella sua opera Ab Urbe Condita XXVII, 15, 2, racconta che nel 209 a.C., durante la seconda guerra punica, gli abitanti di Volcei si arresero al console Quinto Fulvio Flacco. Il passaggio di Annibale aveva determinato un gioco di alleanze, a favore o contro Roma, rispetto al quale Volcei era stata evidentemente coinvolta. La città non fu punita con la distruzione, come invece accadde ad alcuni piccoli centri vicini, ma il suo territorio fu progressivamente abbandonato.
A partire dal II secolo a.C., Volcei entra nell’orbita di Roma come città federata, ossia vincolata da trattati di alleanza, ma in pieno possesso della propria autonomia e sovranità, condizione che conservò fino alla guerra sociale. Le testimonianze archeologiche confermano nella città la forte presenza romana: a questo periodo risalgono la sistemazione a terrazze dell’area sulla quale, in epoca medievale, fu costruito il Castello normanno ed un tempio, edificato sulla sommità dell’arce e del quale è stata rinvenuta, sotto il Mastio, parte del basamento.
A partire dalla seconda metà del I sec. a.C. Volcei diviene municipio romano. La città perse l’autonomia, ma ebbe un notevole sviluppo dal punto di vista urbanistico. In questa fase furono infatti costruiti edifici complessi come il mercato e le terme, che collegavano le terrazze già precedentemente urbanizzate con l’ampia spianata rocciosa posta a sud del decumano e sulla quale viene impostato il foro. Vengono anche restaurati molti degli edifici preesistenti conservandone, probabilmente, le funzioni.
La città diviene spazio ideale per i simboli del potere come testimoniano, ad esempio, le statue onorarie femminili in marmo greco o le iscrizioni con dediche a Tito Statilio Tauro, amico di Augusto e forse volceiano di origine, ad Augusto stesso e ad Agrippa Postumo.
Intorno alla metà del I sec. d. C. un evento disastroso, probabilmente un terremoto, provocò delle frane nel banco roccioso sul quale poggiavano gli edifici e trascorse quasi un secolo prima della ricostruzione di gran parte degli edifici: tra questi il Caesareum, tempio dedicato al culto degli imperatori, di cui resta l’architrave con la dedica del nuovo edificio ricostruito dalla famiglia degli Otacili.
Nel II secolo è attestata nella città la presenza di alcuni collegia, come quello degli Augustali - sacerdozio nato per il culto di Augusto e poi preposto a quello degli imperatori - e quello dei Dendrophori, i sacerdoti di Cibele, che ogni anno, in onore della dea orientale, portavano in processione l'albero di pino considerato sacro.
In epoca medioevale l’unico riutilizzo effettivo attestato delle strutture antiche avviene lungo l’asse del decumano.
In altre aree sono documentati soltanto insediamenti provvisori legati allo sviluppo di manifatture ed officine.
La città si concentrò probabilmente in quest’epoca intorno alla presenza di eremiti cui fa riferimento il culto di S. Giovanni d’Egitto, ovvero nell’area delle grotte di via Egito, dove sorse un insediamento rupestre.
La costruzione del castello, nel XII secolo, diede nuovo impulso alla ristrutturazione urbana diventando il perno della città che, a da quel momento, iniziò ad assumere l’assetto attuale. Il Castello si compone di una massiccia torre quadrata, il mastio, e di una cinta muraria difesa, ai quattro lati, da torri circolari.
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